Storie Robotiche [primaria 4^ A]

IL ROBOT EROE

Un sabato pomeriggio alle ore  15:00 nel laboratorio di uno scienziato di nome Giuseppe prese  forma un robot telecomandato dall’ aspetto simpatico e curioso. Aveva la faccia quadrata , gli occhi a quadratino e marroni , il naso a triangolo color rosso fuoco, una  maglia  arancione, i pantaloni bianchi e le scarpe gialle. Lo scienziato aveva programmato il robot perche’ aiutasse tutte le persone: per pulire, innaffiare i fiori, cucinare, impastare, spolverare, fare compagnia ecc….. Appena programmato alcune persone chiesero aiuto a lui, e in una settimana divento’ un vero eroe e tutti  gli vollero bene e gli si affezionarono profondamente, tanto da cercare in continuazione la sua compagnia.

GIORGIA BAROLLO
classe IV A
Scuola Don Milani
Via Cilea
04100 Latina

Storie Robotiche [primaria 4^ A]

Un robot a tutti gli effetti

Non molto tempo fa, in un vecchio laboratorio, viveva il professor Harold Tuttoinventa, un vecchietto lunatico di 75 anni laureato in robotica. Si era messo in testa di costruire un robot casalingo, cuoco, elettricista, matematico, insomma un robot a tutti gli effetti. Era da settimane che ci lavorava sopra, e stava andando piuttosto bene, aveva già finito la testa! Mentre canticchiava una buffa canzoncina era già arrivato a costruire il corpo. Per farlo aveva usato un vecchio bidone squadrato e una sua calcolatrice che trovò in un cassetto, e così in quattro e quattro otto il lavoro fu fatto. Ma ora erano le 9 e mezza di sera, e il professore era piuttosto stanco, così decise di  andare a riposarsi, avrebbe finito domani il lavoro. Appena si addormentò, udì una voce dolce e simpatica che lo chiamava per nome; con uno scatto felino il professor Tuttoinventa si alzò ma non vide nessuno, credeva di aver fatto un brutto sogno, e si riaddormentò sereno ma un pò sconvolto. Il mattino dopo il professore si alzò di buon umore, fece colazione con 5 frittelle, un uovo e un caffè e poi si rimise subito a lavoro. Aveva già finito le braccia fatte con due scatole di cartone, e ora gli mancavano solo le gambe. Cominciò ad armeggiare di qua e di là dicendo:”Questo va giù, questo più su, no! Ho invertito i sensi! Questo va su, questa va qui! “ E così via. Il professor Harold, si stava impegnando molto e sarebbe stato molto triste se il suo esperimento robotico fosse fallito. Finite gambe e piedi, fatti con scatole di latta e di tonno il professore udì di nuovo quella voce, ma questa volta vide anche la bocca del robot che si muoveva e lo salutava. Harold credeva di avere le allucinazioni e andò a rinfrescarsi un po’ con una bella doccia.  Uscito dal bagno Harold aveva bisogno di un asciugamano e vide che da dietro la porta una mano gli porgeva proprio un morbido asciugamano, rimase stupito ma non era per niente spaventato. Il mattino seguente il professore vide sul tavolo la colazione già pronta, e con il sorriso sulle labbra scese nel laboratorio e vide il robot che si muoveva. Rimase sorpreso corse ad abbracciarlo e gli disse: ”Ti chiamerò Caty il robot! Ti piace questo nome?” Caty rispose: ”Si mi piace molto, e grazie di avermi costruito”. Il professore e Caty, erano ormai uniti come fratelli, e non si lasciavano mai. Un giorno Caty disse :”Grazie Harold, tu mi hai creato robot a tutti gli effetti, ma ora sono grande ed ho 25 anni è il momento di lasciarci.” “E perché?” Chiese Harold: “Perché devo andare in cerca di avventure!” Il professore era un po’ triste di dover lasciare Caty, ma felice perché avrebbe fatto nuove amicizie. Così, con il sorriso sulle labbra la lasciò andare, e gli promise che l’avrebbe tenuta sempre nel suo cuore facendone tesoro come una moneta.   Fine.

Benedetta Fabietti
classe IV A
Scuola Don Milani
Via Cilea
04100 Latina

Storie Robotiche [primaria 4^ A]

RECICLOBOT EROE DEL MONDO: Un robot tutto speciale

C’era una volta non tanto lontano un giovane scienziato tutto preso dal reciclo di ferro e acciaio che decise di costruire un robot perchè voleva anche lui un amico. Lo scienziato di nome Frank era da tutti considerato un vero pazzo perchè credeva di poter risolvere i problemi dell’inquinamento del mondo con le sue invenzioni e per questo era sempre preso in giro e lasciato solo da tutti. Così una mattina alzatosi presto, quando tutto fuori era ancora buio, cominciò a costruire il suo robot personale e così tra un pezzo di un vecchio televisore, un pezzo di una lavatrice, di un forno e altri pezzi di ferro e acciaio dopo ore e ore di lavoro nacque Reciclobot. Un piccolo robottino tutto particolare ma molto speciale. Un nuovo amico per Frank, che era sempre stato solo. Reciclobot aveva molte capacità: sapeva cucinare, sapeva costruire macchine volanti e super veloci ma soprattutto era molto ma molto intelligente. Una mattina Frank decise che era arrivato il momento di salvare il mondo e quindi prese il suo piccolo Robot e si mise in viaggio per città e paesi per liberarli dal ferro e dall’acciaio vecchio che la gente buttava, perchè non serviva più,ma che il suo robot riuscuiva squagliandolo a costruire nuove cose più utili a tutti.  Ma Reciclobot passando di città in città nonostante era impegnato nel suo lavoro continuava ad aiutare gli altri aggiustando e costruendo utensili, oggetti utili aiutato sempre dal suo amico scienziato Frank che era sempre più contento e soddisfatto perchè riusciva a realizzare ogni giorno il suo sogno. Un giorno mentre Reciclobot stava lavorando vide dei bambini che giocavano a pallone vicino ad un fiume, e si sentì subito tanto triste perchè da quando era stato creato il suo solo dovere era stato quello di aiutare il suo amico Frank. Non aveva mai giocato, non sapeva ancora cosa significava divertirsi e non lavorare. Così decise di avvicinarsi ai bambini per poter giocare con loro. Ma i bambini non erano molto contenti perchè lui era solo un robot, che non era capace di usare un pallone. Reciclobot invece era un robot intelligente e aveva già nella sua memoria attivato il sensore per il gioco così provò a giocare con i bambini che invece cominciarono a prenderlo in giro e lo fecero cadere nell’acqua del fiume. Frank che stava ancora lavorando vide tutto da lontano e subito corse per aiutare il suo piccolo amico perchè sapeva che non sarebbe sopravvissuto a quella caduta. Arrivato vicino a Reciclobot subito lo tirò fuori dall’acqua ma già il suo piccolo amico faceva molta fatica a muoversi perchè i suoi vecchi circuiti reciclati si erano bagnati. Frank sempre più disperato prese in braccio il suo robot e corse via decidendo di tornare nella sua città  e nella sua casa  dove aveva costruito Reciclobot per trovare il modo di salvarlo. Una volta arrivato scopri che smontando il suo amico Reciclobot lasciandolo asciugare per qualche  giorno e sostituendo alcuni cip tranne quello della memoria il suo amico torno in vita. Da quel momento Frank scopri cosa significava avere un amico e così decise di cominciare a divertirsi con il suo robottino continuando sempre  e reciclare ma non pensando solo al lavoro. Reciclobot fu un amico fidato per tutta la vita del suo amico Frank.

Matteo Covini
classe IV A
Scuola Don Milani
Via Cilea
04100 Latina

Storie Robotiche [primaria 4^ A]

RONNY UN FANTASTICO ROBOT

A Torino, via Roma n. 2, viveva un robot di nome Ronny. La casa del robot non era molto bella: era priva di calore umano, perché non c’era un essere vivente, c’erano solo macchine. Quando si entrava c’era una porta elettronica, che appena passavi davanti ad essa si apriva da sola, la casa era piena di cose elettroniche, c’era anche la scala mobile. La camera di Ronny, si trovava in cima alla scala. All’improvviso arrivarono due bambini di nome Franchy e Melodi, che si fermarono davanti alla porta elettronica. Non avevano mai visto una porta che si apriva da sola, poi si ripresero e incuriositi mentre salivano la scala mobile fissavano tutte le macchine che c’erano. Arrivati al piano di sopra, entrarono nella stanza di Ronny e videro un robot che stava guardando la tv. I bambini molto spaventati, entrarono piano piano e Ronny se ne accorse, i bambini urlarono dalla paura, ma il robot gli disse di non spaventarsi, perché lui era un robot buono. I bambini si spaventarono perché videro il corpo del robot: un corpo tutto grigio, con tanti pulsanti intorno ad esso, degli occhi grandi e neri che ti fissavano, un naso tondo, una bocca grande e rossa e infine un’antennina blu sulla testa. Mentre Melodi indossava un vestito rosa e bianco, Franchy indossava dei jeans e una maglietta celeste. I bambini si calmarono e gli chiesero come si chiamava e il robot rispose che si chiamava Ronny. Piano piano fecero amicizia, così il robot aveva due esseri umani come amici… 

Federica PATTARO
classe IV A
Scuola Don Milani
Via Cilea
04100 Latina

Storie robotiche [primaria 4^ D]

Il mio amico robot

Era un giorno di dicembre, fuori nevicava ed io mi annoiavo a morte. Allora andai in soffitta e vidi una cassa: incuriosita, la aprì e vidi un piccolo robottino dal faccino simpatico. Era di un colore grigio metallizzato, aveva la faccia quadrata come un cubo, al posto delle mani aveva due piccole pinze e al posto dei piedi invece aveva due ruote. Presi il piccolo robot e lo portai nella mia cameretta. Lo pulii con cura dalla polvere, poi lo misi per terra: aveva sulla schiena un bottoncino rosso: provai a premerlo e, con un po’ di fatica, strano ma vero, il piccolo robot cominciò a muoversi! Era un movimento proprio buffo, le rotelline si muovevano lentamente e contemporaneamente il robottino alzava la pinza destra e sembrava dicesse “Ciao!” Mi accorsi che sulla panciotta aveva un piccolo tastino giallo: lo sfiorai e all’improvviso si accesero delle lucine colorate negli occhi e la bocca cominciò a muoversi: il robottino aveva ripreso vita!!! Ero stupita ed entusiasta allo stesso tempo. Il piccolo robot, con la sua voce metallica, iniziò a farmi tante domande: come mi chiamavo, cosa facevo, che sport mi piacevano e se avevo tanti amici. Non riuscivo a crederci: in quella giornata così noiosa, avevo trovato un amico fortissimo. Allora feci anch’io a lui qualche domanda: il mio nuovo amico non ricordava di avere mai avuto un nome, tutti lo chiamavano semplicemente Robot, ma ricordava la città da cui proveniva, Robotix. La sua casa era una scatola d’acciaio e amava mangiare hamburger di bulloni che preparava la sua mamma in modo delizioso. Per un attimo il piccolo si rattristò, allora io presi la mia decisione: mi sarei presa per sempre cura di lui. Decisi anche il suo nuovo nome: chiamai il piccolo robot Wallee. Da quel giorno non mi sarei più separata dal mio nuovo amico e promisi a me e al piccolo robot che non sarebbe mai più stato triste e solo…

alunna GIULIA C.
Ins. Casella Filomena